LE TRE “P” DEL MINISTRO
FIORONI
Precarietà, privato, presidi
manager
di Fabiana
Stefanoni
Probabilmente, al ministro Fioroni non è mai
passato per la testa di assistere a una delle convocazioni annuali dei precari
della scuola, quando – a fine agosto o inizio settembre a seconda della
provincia – a ogni insegnante è dato di scoprire se e dove dovrà prendere
servizio entro pochi giorni. Meglio per lui.
Si troverebbe di fronte centinaia e centinaia di insegnanti infuriati, alle
prese con indecifrabili regolamenti, ansiosi di sapere per quanto ancora
dovranno campare col sussidio di disoccupazione, impegnati a consultare atlanti
stradali per capire come conciliare le nove ore settimanali nell’istituto
sull’Appennino con le nove in un altro sulle rive del Po. E poi vedrebbe quanti,
soprattutto tra i docenti precari della scuola secondaria, hanno i capelli
grigi, in attesa da decenni dell’assunzione in ruolo, dopo essere scivolati in
graduatoria a causa di famigerati decreti retroattivi che più di una volta hanno
ribaltato i punteggi, radendo al suolo le speranze di assunzione di molti. In
alcune classi di concorso, l’età media del passaggio in ruolo è più vicina ai
cinquanta che ai quaranta: una situazione destinata ad aggravarsi con i tagli
degli organici e con l’innalzamento dell’età pensionabile.
La scuola privata
esulta
Comprensibilmente, Fioroni preferisce
assistere a spettacoli più graditi, come il meeting di Comunione e
Liberazione di Rimini, dove è stato ovviamente osannato. Queste le reazioni di
uno dei presenti, Vittadini, presidente della fondazione per la sussidiarietà:
“Il ministro ha compiuto un passaggio enorme, non un contentino ma la parità
economica tra scuole statali e non statali, e questa è per noi la linea Maginot,
una novità epocale...” (Corriere della Sera, 26 agosto). Non solo,
infatti, sono aumentati i contributi statali alle scuole private ma, per la
prima volta, verranno estesi anche alle scuole superiori: un regalone al
Vaticano, dato che la gran parte degli istituti privati sono cattolici e gestiti
dalla Chiesa.
Questo avviene mentre, contestualmente, la Finanziaria vecchia e quella in arrivo prevedono pesantissimi tagli alla scuola pubblica, con conseguente drastica riduzione degli organici. Ogni insegnante o lavoratore della scuola sa bene qual è la tragica realtà degli istituti pubblici di ogni ordine e grado: strutture fatiscenti, laboratori e aule inagibili, materiale che manca. Il fatto che, a fronte di una situazione di questo tipo, il ministro Fioroni dispensi generosamente regali ai privati fa parte di un disegno ben preciso: inserire la scuola privata a pieno titolo nel sistema pubblico d’istruzione.
È stato il precedente governo di centrosinistra, con le leggi di Parità scolastica del 1999, a equiparare di diritto le scuole private a quelle pubbliche. Con Fioroni, si serve l’ultima portata e il pranzo è completo: ora le scuole private, con i contributi economici statali diretti – che si affiancano alle già esistenti borse di studio per gli alunni, ricchi, che le frequentano – sono equiparate alle pubbliche anche di fatto. Ciò significa che presto avremo una scuola privata di qualità (grazie alle salatissime rate che pagano gli studenti che la frequentano) riservata ai figli dei ricchi, una scuola pubblica scadente e sempre più fatiscente, da lasciare agli studenti impossibilitati a sborsare migliaia di euro all’anno. Non è un caso che il figlio del cattolicissimo ministro Fioroni, diplomatosi l’anno scorso, frequentasse un cattolicissimo istituto superiore privato...
Tutto questo si associa al fatto che le stesse scuole pubbliche verranno trasformate, come annunciato a più riprese dallo stesso ministro, in fondazioni, con l’entrata di imprese e privati nella gestione economica e didattica delle stesse: in altre parole, anche la scuola pubblica sarà sempre più privata. Nemmeno il governo precedente, con la Moratti, si era spinto tanto in là: il processo di smantellamento della scuola pubblica conosce con Prodi e Fioroni il punto più alto finora raggiunto. Questo è possibile grazie, anzitutto, alle politiche concertative dei sindacati confederali e all’avallo della cosiddetta sinistra radicale di governo, Rifondazione e Sinistra Democratica in primis: il ritiro sciagurato dello sciopero dei confederali del 4 giugno in cambio di un miserrimo contentino in busta paga ha permesso a Fioroni di sferrare l’attacco finale all’istruzione pubblica e ai lavoratori della scuola.
Questo avviene mentre, contestualmente, la Finanziaria vecchia e quella in arrivo prevedono pesantissimi tagli alla scuola pubblica, con conseguente drastica riduzione degli organici. Ogni insegnante o lavoratore della scuola sa bene qual è la tragica realtà degli istituti pubblici di ogni ordine e grado: strutture fatiscenti, laboratori e aule inagibili, materiale che manca. Il fatto che, a fronte di una situazione di questo tipo, il ministro Fioroni dispensi generosamente regali ai privati fa parte di un disegno ben preciso: inserire la scuola privata a pieno titolo nel sistema pubblico d’istruzione.
È stato il precedente governo di centrosinistra, con le leggi di Parità scolastica del 1999, a equiparare di diritto le scuole private a quelle pubbliche. Con Fioroni, si serve l’ultima portata e il pranzo è completo: ora le scuole private, con i contributi economici statali diretti – che si affiancano alle già esistenti borse di studio per gli alunni, ricchi, che le frequentano – sono equiparate alle pubbliche anche di fatto. Ciò significa che presto avremo una scuola privata di qualità (grazie alle salatissime rate che pagano gli studenti che la frequentano) riservata ai figli dei ricchi, una scuola pubblica scadente e sempre più fatiscente, da lasciare agli studenti impossibilitati a sborsare migliaia di euro all’anno. Non è un caso che il figlio del cattolicissimo ministro Fioroni, diplomatosi l’anno scorso, frequentasse un cattolicissimo istituto superiore privato...
Tutto questo si associa al fatto che le stesse scuole pubbliche verranno trasformate, come annunciato a più riprese dallo stesso ministro, in fondazioni, con l’entrata di imprese e privati nella gestione economica e didattica delle stesse: in altre parole, anche la scuola pubblica sarà sempre più privata. Nemmeno il governo precedente, con la Moratti, si era spinto tanto in là: il processo di smantellamento della scuola pubblica conosce con Prodi e Fioroni il punto più alto finora raggiunto. Questo è possibile grazie, anzitutto, alle politiche concertative dei sindacati confederali e all’avallo della cosiddetta sinistra radicale di governo, Rifondazione e Sinistra Democratica in primis: il ritiro sciagurato dello sciopero dei confederali del 4 giugno in cambio di un miserrimo contentino in busta paga ha permesso a Fioroni di sferrare l’attacco finale all’istruzione pubblica e ai lavoratori della scuola.
Fannullone a
chi?
Le condizioni di vita e di lavoro dei
lavoratori della scuola sono in costante e rapido peggioramento. Oltre ai
decenni di precariato – nei quali mesi di lavoro si alternano a mesi di
disoccupazione (i più fortunati solo tre all’anno) e con la paga incerta (la
retribuzione delle cosiddette supplenze brevi, cioè su chiamata degli istituti,
arrivano spesso con mesi di ritardo) – anche per i docenti in ruolo non è tutto
rose e fiori. Fioroni, in continuità con la Moratti, ha aumentato ulteriormente
il numero di alunni per classe: in alcuni istituti questo non farà altro che
aggravare i fenomeni di “bullismo”, di cui tanto si parla, con conseguente
peggioramento, oltre che della didattica, anche delle condizioni di lavoro degli
insegnanti (le classi di 27-30 alunni stanno già diventando la norma e Tommaso
Padoa Schioppa, l'altroieri, ha fatto cenno a un suo sogno di classi di 40
alunni, secondo un imprecisato "modello coreano"...). Non solo: a fronte del
caro vita, i bassi stipendi, specie nelle grandi città, non sono sufficienti
nemmeno ad arrivare a fine mese (a Milano, la paga mensile di un insegnante
coincide con l’affitto di un trilocale in periferia).
Ha dell’incredibile, di fronte a una situazione di questo tipo, l’ignobile campagna lanciata dal ministero dell’Istruzione, con il solerte contributo di zelanti intellettuali milionari, contro gli “insegnanti fannulloni”. Si tratta di una manovra evidente per giustificare i provvedimenti che il ministro sta prendendo in questi giorni, a partire dalla definitiva “aziendalizzazione” degli istituti: il preside diventa sempre più un manager a pieno titolo, con la possibilità di sospendere, in modo discrezionale quasi fosse il “datore di lavoro”, gli insegnanti “indisciplinati”, senza nemmeno consultare il collegio docenti. Se consideriamo che, di recente, quando ancora tanto potere i presidi non lo avevano, un insegnante di un istituto nel milanese è stato sospeso per aver costruito con gli studenti un percorso contro la guerra, non osiamo immaginare le implicazioni di questa nuova misura. Altrettanto incredibili sono le timide reazioni di Rifondazione e Cgil: quasi non stesse succedendo nulla di grave, Liberazione, il quotidiano di Rifondazione, delega a Bifo il compito di fare le pulci al ministro in un articoletto autobiografico, mentre la Cgil si limita a parlare di “luci e ombre” (“misure positive e qualche sorpresa amara”).
Ha dell’incredibile, di fronte a una situazione di questo tipo, l’ignobile campagna lanciata dal ministero dell’Istruzione, con il solerte contributo di zelanti intellettuali milionari, contro gli “insegnanti fannulloni”. Si tratta di una manovra evidente per giustificare i provvedimenti che il ministro sta prendendo in questi giorni, a partire dalla definitiva “aziendalizzazione” degli istituti: il preside diventa sempre più un manager a pieno titolo, con la possibilità di sospendere, in modo discrezionale quasi fosse il “datore di lavoro”, gli insegnanti “indisciplinati”, senza nemmeno consultare il collegio docenti. Se consideriamo che, di recente, quando ancora tanto potere i presidi non lo avevano, un insegnante di un istituto nel milanese è stato sospeso per aver costruito con gli studenti un percorso contro la guerra, non osiamo immaginare le implicazioni di questa nuova misura. Altrettanto incredibili sono le timide reazioni di Rifondazione e Cgil: quasi non stesse succedendo nulla di grave, Liberazione, il quotidiano di Rifondazione, delega a Bifo il compito di fare le pulci al ministro in un articoletto autobiografico, mentre la Cgil si limita a parlare di “luci e ombre” (“misure positive e qualche sorpresa amara”).
È ora di fermare lo smantellamento
della scuola pubblica! È ora di fermare gli attacchi ai lavoratori del governo
Prodi! Anche la scuola necessita subito di un grande sciopero generale, per dire
no ai tagli alla scuola pubblica, contro i finanziamenti statali alle scuole
private, per l’assunzione in ruolo di tutti i precari, per consistenti aumenti
salariali, per la riduzione del numero di alunni per classe!